Intervista pubblicata su Corriere del Ticino, 06.06.2018
Sono passati dieci giorni dalla bruciante sconfitta nella corsa alla poltrona di sindaco di Mendrisio. Ha smaltito rabbia e delusione?
Niente rabbia, ma sorpresa perché l’esito è stato molto negativo. In politica decidono gli elettori il nostro destino: mi hanno chiaramente detto STOP. Nessun rancore. È difficile interpretare questa inattesa sberla; ho sempre dato il massimo sia in politica sia nelle associazioni dove sono stato chiamato ad operare. Un’elezione è un punto di partenza, non di arrivo. Ci tenevo, riparto ora libero di scegliere dove investire tempo ed energie che avrei dedicato al sindacato.
In questi giorni si sono sentite molte analisi e congetture sull’esito della consultazione, nella quale lei partiva favorito e ha perso contro un candidato sicuramente bravo e preparato ma che non sembra brillare per personalità e carisma. Qual è la sua spiegazione della sconfitta?
Un mix di elementi politici e personali. Il momento storico e un’abile campagna del contendente. Il mio profilo ha trovato pochi consensi fuori dagli elettori PPD, i miei vari impegni (che, ripeto ma non mi si crede, gestisco senza disagi e con puntualità) sono divenuti motivo per non votarmi piuttosto che un’opportunità. Sul sottoscritto si è scritto di tutto, soprattutto in termini negativi: tante falsità, tanta cattiveria (ai limiti della denuncia penale) e si è dipinta una personalità che chi mi conosce realmente, non riconosce. È politica? Non si è parlato minimamente di competenze personali, di formazione e di esperienze dei candidati, ma del perché non votare Romano.
Secondo molti cittadini e addetti ai lavori ha inciso molto il fattore simpatia. A torto o a ragione una fetta ampia di popolazione le rinfaccia una certa arroganza o sicumera che sembra alienarle le preferenze degli elettori.
Ho il mio carattere e la mia personalità, dico quanto penso, manifesto le mie posizioni. Nelle 2 elezioni federali, nelle 4 comunali e nel 2016 per il Municipio (con un risultato notevolissimo) non mi è mai stata rinfacciata. Improvvisamente arrogante? Chi lo afferma mi conosce? Un pregiudizio? Non mi impegno per la il mio Paese solo per stringere mani o dispensare sorrisi. Non faccio politica per piacere a tutti, ma per cercare di risolvere i problemi insieme alle persone con cui mi trovo al fronte. Mi sento un momò genuino e spontaneo, cosi ho sempre vissuto e così ho affrontato la campagna. Non ho focalizzato sul marketing, ma sul lavoro svolto e in corso. Fino allo scorso 27 maggio questo approccio mi ha sempre premiato e sono riconoscente a chi crede nel sottoscritto.
Qualche frecciata, dopo la sconfitta, è giunta dall’ex sindaco Carlo Croci, che non si è certo speso molto in campagna elettorale per sostenerla. Si è sentito lasciato solo, quasi tradito, da Croci o da altri del partito?
Ho avuto con me un gruppo straordinario di persone che hanno dedicato per mesi tempo ed energie alla causa; una campagna improntata sul volontariato. Carlo Croci c’è sempre stato e ha lavorato con il gruppo. Nuovamente speculazioni infondate…
Guardiamo avanti: adesso sarà più difficile collaborare col partito che vi ha soffiato la poltrona di sindaco e in un Esecutivo in cui comunque il PPD resta maggioranza?
Personalmente proseguo con passione e dedizione il mio impegno come municipale a capo delle AIM e del dicastero Economia. Il risultato elettorale è chiaro: tocca al sindaco guidarci e creare le giuste dinamiche per un costruttivo lavoro di squadra. È politica. Chi vince deve assumere maggiore responsabilità ed essere al fronte in prima persona sui dossier spinosi. Soluzioni, non promesse.
Lei è considerato un politico di professione. Senza il mandato da sindaco, come cambierà la sua vita?
Non sono professionista della politica, ho un contratto di lavoro con il Gruppo Fidinam, dove gestisco la Fondazione. Oggi ho più tempo per questa attività, per il mio mandato quale consigliere nazionale e più tempo libero per la famiglia, gli amici e lo sport.
Voci e indiscrezioni danno la sua esperienza in Municipio agli sgoccioli. È vero che, alla luce soprattutto del recente riscontro delle urne, non solleciterà nel 2020 un nuovo mandato nell’Esecutivo di Mendrisio?
Non ho ancora deciso, mancano 2 anni. Il lavoro in Municipio mi appassiona. Ora il focus sarà comunque maggiormente sulla politica federale e sugli stimolanti impegni (anche nuovi in arrivo) quale membro dell’Assemblea federale, al servizio del Paese e dei Ticinesi.
In caso contrario, con quali motivazioni si rimetterebbe in lizza nel 2020 dopo che la popolazione non l’ha voluta come sindaco? È pronto a fare il “portatore d’acqua”, ossia a lasciare ad altri il ruolo di capolista PPD a Mendrisio?
Nessuno è insostituibile. Il PPD a Mendrisio non è Marco Romano. Abbiamo una compagine municipale di valore e 19 consiglieri comunali tra cui ci sono numerose personalità con un profilo utile al Municipio. Nel 2020 ci sarà una lista forte che dovrà confermare la posizione maggioritaria del PPD.
Chi, secondo lei, ha le caratteristiche giuste per riportare già nel 2020 il posto di capo dell’Esecutivo in casa PPD?
Vi è più di una persona, in politica non si programmano le carriere, ogni elezione ha una propria dinamica. Proporremo i migliori. Nella speranza che si parli del profilo dei candidati (finalmente una donna?) e non contro gli avversari.
Per lei, restano aperti i capitoli di Berna e, forse, Bellinzona: intende postulare un nuovo mandato in Consiglio nazionale e/o mettersi a disposizione per figurare sulla lista per il Consiglio di Stato l’anno prossimo?
Il focus è chiaramente sulle elezioni federali del 20 ottobre ‘19. Mi metterò a disposizione dei ticinesi per un nuovo mandato a Berna. Desidero continuare il lavoro iniziato. Il riscontro del 27 maggio è chiaro: basta cumulare cariche. In quest’ottica ho ritenuto giusto proporre Paolo Danielli alla carica di vicesindaco.
Intervista di Patrick Colombo, Corriere del Ticino, 06.06.2018