di Manuel Aostalli, lista 8, candidato 2
Nei miei due precedenti interventi ho provato a riflettere su una mia tesi, concludendo che dobbiamo puntare su candidati che meglio si identificano per la loro propria natura in una serie di valori concreti, ovvero in primis sulle donne-candidate che il partito propone. Questa volta voglio portare fatti a sostegno a tale tesi. Prendiamo in considerazione la scelta forzata che dovettero fare i partiti per le elezioni amministrative del marzo 2008 in Spagna; nel 2007 era stata approvata e introdotta la Ley Orgánica para la Igualdad Efectiva de Mujeres y Hombres, dove veniva modificata la legge di regime generale elettorale del 1985, allo scopo di assicurare l’equilibrio con una formula 40:60 di entrambi i sessi nelle cariche politiche rappresentative. Il risultato che ne conseguì fu che i partiti che avevano dovuto aumentare in modo marcato il numero di candidate ottennero anche il maggior numero di voti, e quindi di elette. Potremmo arguire quindi che scelte innovative da parte di un partito possono dar vita a risultati inattesi. Così è pure stato quando il PPD ha proposto a sorpresa un ticket di due esponenti femminili per la corsa al posto lasciato libero dalla signora Leuthard in Consiglio Federale; una mossa inattesa dopo che il PLR aveva schierato una forte figura femminile di esperienza come la signora Keller-Sutter quale antagonista al collega Wicki; la netta vittoria della prima aveva reso l’aspetto della rappresentanza femminile in Consiglio Federale meno stringente. Cionondimeno, si è ritenuto prioritario nel PPD ribadire il contesto, schierando due elementi femminili, sicuri del notevole livello di capacità delle candidate e dell’effetto momentum in corso. Non sempre questo è tuttavia possibile, nemmeno quando la qualità delle persone a disposizione è ben superiore alla media. Mi sto riferendo alle aziende, anche in Svizzera, con un alto numero di dipendenti. Mi addentro nel concetto molto contestato di quote rosa nei consigli di amministrazione; credo sia facile asserire che si tratta di una forzatura innaturale, non consona al libero arbitrio in ambito imprenditoriale e per la qualità d’impresa. Naturalmente capisco, e sarei anche in accordo col principio, ma sostanzialmente non ci siamo. Figure professionalmente valide vengono messe in condizione di non nuocere per il semplice fatto che un giorno potrebbero sposarsi, avere figli, occuparsi di loro e in parte dell’economia domestica. Questo nuoce all’imprenditorialità, nuoce al buon ambiente di lavoro in azienda e ai rapporti all’interno della stessa. Dobbiamo premiare chi sa creare valore aggiunto, chi sa dare stimolo alla qualità delle aziende, chi sa offrire dei punti di vista e delle opinioni costruttive che ben si inseriscono nel contesto di team. E allora, a mali estremi estremi rimedi: avanti con le quote rosa, fino a che questo fenomeno non sia definitivamente abbandonato dalle prossime generazioni che per fortuna sembra stiano facendo proprio il concetto di cui sopra.
Manuel Aostalli, family officer
Consigliere Comunale PPD&GG a Mendrisio, candidato al Gran Consiglio per il 2019